Politica Fiscale | Cos’è? Politica Fiscale Espansiva e Restrittiva

Cos’è la politica fiscale? In particolare, cos’è la politica fiscale espansiva? E che cos’è la politica fiscale restrittiva?

Iniziamo l’articolo con 2 definizioni, coniate da 2 autorevoli economisti.

Alvin Hansen

La politica fiscale espansiva e la politica fiscale restrittiva comprendono ogni transazione governativa in tema di entrate pubbliche e spesa pubblica, che influenzi l’ammontare del debito pubblico

Nicola Acocella

La politica fiscale è la manovra del bilancio dello stato e di altri enti pubblici con finalità di variazione del reddito nazionale lordo e dell’occupazione del breve periodo

In questo articolo:

– Scoprirai che cos’è la politica fiscale espansiva, che cos’è la politica fiscale restrittiva, e che cosa sono la spesa pubblica, le entrate pubbliche, il debito pubblico, il rapporto debito/PIL e l’austerity.

– Vedrai un esempio pratico: la politica fiscale restrittiva attuata dai paesi dell’eurozona negli ultimi anni.

E capirai come la politica fiscale espansiva e la politica fiscale restrittiva attuate da un governo influenzino l’economia di un paese.

Questo articolo ti è utile non solo per imparare a fare trading online.

Ma ti è utile anche per avere un’idea più chiara, per esempio, di come i nostri governanti stanno amministrando. E del modo con cui i politici cercano di sollecitare la crescita economica di un paese (se cercano di farlo, ahimè a volte in Italia si è andati nella direzione opposta).

Capire la politica fiscale restrittiva ed espansiva in atto in un paese non solo ti permette di operare meglio nel mondo finanziario. Ma ti rende anche un cittadino più consapevole, capace di prendere decisioni di voto migliori e quindi, in definitiva, ti rende un cittadino più libero.

Ora basta preamboli, iniziamo!


RNL e PIL

Sinonimi di politica fiscale sono politica di bilancio o fiscal policy in inglese. Per capire meglio la definizione di Acocella, dobbiamo introdurre immediatamente il concetto di reddito nazionale lordo (RNL).

Il RNL è tutto ciò che è prima prodotto e poi venduto nell’economia di un paese. Tale reddito deve essere distribuito tra i vari fattori che hanno concorso alla produzione dei beni e servizi prodotti e venduti

In parole povere, il RNL è il valore che si ottiene sommando o sottraendo dal PIL di un paese i vari flussi di reddito tra tale paese e i paesi esteri.

Se non sai cos’è il PIL:

Il prodotto interno lordo (PIL) è l’ammontare dei beni e dei servizi finali prodotti da un paese in un dato periodo di tempo. E’ “interno” perché si riferisce a quello che viene prodotto nel territorio del paese, sia da imprese nazionali che da imprese estere

Per fare 2 esempi di flussi di reddito tra paesi, un flusso di reddito in uscita può essere quello di un’impresa straniera che fa profitti in Italia ma poi rimpatria tali profitti nel suo paese madre. Mentre un flusso di reddito in entrata può essere un’impresa italiana che fa profitti all’estero e poi rimpatria tale profitti in Italia.

Spero ti sia ben chiaro ora che la politica fiscale restrittiva o espansiva riguarda gli indirizzi economici da parte dello stato per influenzare il RNL e l’occupazione di un paese, attraverso la variazione di spesa pubblica ed entrate pubbliche.


I “4+1” decisori della politica fiscale

Politica Fiscale

Ci sono sostanzialmente 4 attori/decisori nelle scelte di politica fiscale restrittiva ed espansiva di un paese, ed ognuno ha una rilevanza diversa. Vediamoli, con un focus specifico per l’italia.

1) Governo

Ogni anno il governo presenta 2 leggi che riguardano la politica fiscale, più i provvedimenti collegati che sono presentati nel corso dell’anno.

La prima è la legge finanziaria o di stabilità, con indica le misure di politica fiscale espansiva e le misure di politica fiscale restrittiva che il governo intende attuare per i successivi anni.

La seconda è la legge di bilancio, che contiene l’elenco di tutte le entrate e spese pubbliche preventive per l’anno successivo.

La legge di bilancio non può modificare le misure già emanate, che sono interamente coperte nella legge di stabilità.

Da pochissimo tempo (praticamente dal 2016) queste 2 leggi sono pubblicate insieme in un unico provvedimento che prende il nome di “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario x e bilancio pluriennale per il triennio x-y“.

2) Parlamento

In repubbliche parlamentari come la nostra, deve essere poi il parlamento ad approvare ogni anno sia la legge di stabilità che la legge di bilancio.

Inoltre, al parlamento va anche il compito di approvare nel corso dell’anno i vari provvedimenti collegati alla legge di stabilità che il governo può proporre.

3) Ministero dell’economia e delle finanze

Il ministro dell’economia e delle finanze ha chiaramente il dovere di essere il decisore più importante, insieme al premier, delle misure fiscali da presentare al parlamento nella legge di stabilità.

4) Altri enti pubblici

Regioni, province e comuni ad esempio.

Questi altri enti pubblici hanno delle deleghe sull’applicazione di specifiche politiche fiscali nei territori.

Per esempio una regione o un comune deve decidere come spendere nello specifico i trasferimenti che riceve dallo stato. Trasferimenti che sono una voce importante della spesa pubblica.

Negli ultimi anni, come saprai, si è aggiunto un altro importante decisore: l’UE. Ne parliamo in modo approfondito in un paragrafo successivo.


I 4 obiettivi della politica fiscale

Gli obiettivi della politica fiscale espansiva e della politica fiscale restrittiva sono 4:

1) Crescita del RNL e del PIL. La crescita economica dovrebbe essere sempre il primo e più importante obiettivo.

2) Piena occupazione. Molto importante è anche, chiaramente, riuscire a raggiungere il livello di occupazione più alto possibile.

3) Stabilità dei prezzi. La politica fiscale espansiva e la politica fiscale restrittiva influenzano molto l’inflazione. Un’inflazione annua oltre il 4-5% è negativa per un’economia, com’è negativa anche un’inflazione sotto il 2%.

Il livello di inflazione ideale per qualsiasi economia è intorno al 2% annuo. Come dovresti sapere la stabilità dei prezzi è anche e soprattutto uno dei principali obiettivi della politica monetaria.

4) Sostenibilità del debito e dei conti pubblici. Misure fiscali che stimolano molto la crescita e l’occupazione potrebbero, come controparte negativa, far crescere l’indebitamento dello stato.

Un responsabile programma fiscale cerca di mantenere il rapporto debito/PIL dentro canoni di stabilità, ovvero cerca di non far toccare a tale rapporto dei picchi che potrebbero innescare una pericolosa crisi finanziaria o addirittura un default. Ne parleremo meglio nei prossimi paragrafi.


L’equazione che spiega che cos’è la politica fiscale

Ok, ora cerca di seguirmi bene. Devo presentarti un’equazione che sintetizza bene le misure fiscali di un paese. Spero di semplificartela il più possibile.

L’equazione riguarda il RNL. Il RNL può essere espresso sia come offerta aggregata che come domanda aggregata.

A) Offerta aggregata o somma delle decisioni di spesa degli operatori economici

Il RNL Y come offerta aggregata può essere espresso come:

Y = C + S + T + M

Dove C sono i consumi, S sono i risparmi, T sono le entrate pubbliche, e M sono le importazioni.

B) Domanda aggregata o impieghi del reddito nazionale

Il RNL Y come domanda aggregata può essere espresso come:

Y = C + I + G + E

Dove C sono i consumi, I gli investimenti, G è la spesa pubblica ed E sono le esportazioni.

L’equazione che riguarda la domanda e l’offerta aggregata di una paese diventa dunque:

Offerta Aggregata = Domanda Aggregata

C + S + T + M = C + I + G + E

In questa equazione, i decisori hanno potere su T (entrate pubbliche) e G (spesa pubblica). Nella legge di stabilità, dunque, ci saranno misure volte a diminuire o aumentare T, ed a diminuire o aumentare G.

Il prossimo passo da fare ora, dunque, è vedere quali sono le singoli voci riguardo entrate pubbliche e spesa pubblica su cui uno stato può intervenire.


Stop!

Siamo arrivati più o meno a metà di questo articolo. Ti sta piacendo? Stai capendo che cos’è la politica fiscale espansiva? E stai capendo che cos’è la politica fiscale restrittiva?

Be’, allora potresti dimostrarmi il tuo apprezzamento aggiungendomi un bel like su Facebook! A te non costa niente, mentre per me conta veramente tanto. Basta che clicchi sul bottone qui sotto.

Grazie infinite! Ora proseguiamo.


La spesa pubblica (G): impieghi ed effetti di un suo aumento o taglio

E’ arrivato il momento di andare un po’ nel dettaglio per capire bene cos’è la politica fiscale restrittiva ed espansiva. Vediamo quali sono gli impieghi della spesa pubblica, ovvero le singole voci di G su cui lo stato può mettere mano.

Possiamo dividere la spesa pubblica in 3 categorie:

1) Spese per consumi pubblici. In questa categoria ricade tutto il costo del personale degli enti pubblici, e tutte le risorse che lo stato spende per acquistare beni e servizi.

2) Spese per investimenti pubblici. Questa voce include tutti gli investimenti del pubblico sia per opere infrastrutturali che per investimenti finanziari.

3) Trasferimenti. Questa voce riguarda tutte le pensioni, i sussidi, le indennità, i contributi dati alle famiglie o ad alcune classi sociali, nonché i trasferimenti di liquidità ad enti pubblici locali.

Ma quali sono gli effetti di un aumento o di una taglio della spesa pubblica?

Seguimi bene, perché questo punto è molto importante.

Un aumento della spesa pubblica G è una misura di politica fiscale espansiva. Aumentare la spesa pubblica ha effetti immediati sui consumi dei cittadini, che crescono. E dunque, crescendo i consumi, crescono anche il RNL, il PIL e l’occupazione del paese

Lo puoi vedere chiaramente anche dall’equazione vista prima. Un aumento di G porta a un aumento dei consumi C, e quindi il RNL Y aumenta. Invece:

Un taglio della spesa pubblica G è una misura di politica fiscale restrittiva. Tagliare la spesa pubblica ha effetti immediati sui consumi dei cittadini, che diminuiscono. E dunque, calando i consumi, calano anche il RNL, il PIL e l’occupazione del paese

Ancora una volta, dai un’occhiata all’equazione vista prima di offerta aggregata = domanda aggregata per renderti conto ancora meglio di questo fenomeno economico.

Un punto importante da sottolineare, che è stato dimostrato da molti studi, è che sebbene un aumento di spesa pubblica G aumenti i consumi e quindi il PIL, tale aumento non stimola invece gli investimenti I. Investimenti che rappresentano un’altra variabile molto importante per far crescere l’economia di una paese. Approfondiremo meglio questo concetto in un paragrafo successivo.


I 3 modi per finanziare la spesa pubblica G

Uno stato può finanziare la sua spesa pubblica G in 3 modi diversi. Questi sono anche i 3 modi che possono essere usati per finanziare un aumento della spesa pubblica attuale.

1) Entrate pubbliche

Il bilancio di uno stato, come avrai capito, è dato da T – G, entrate pubbliche meno spesa pubblica.

T – G = Disavanzo o avanzo pubblico (detto anche deficit o surplus di bilancio)

Chiaramente, dunque, la maggior parte della spesa pubblica è finanziata da entrate pubbliche, che sono composte in gran parte da imposte e tasse che tutti noi versiamo. E un aumento di spesa pubblica G può, di conseguenza, essere finanziato da un aumento delle imposte e delle tasse.

Aumentare le tasse per finanziare una maggiore G può portare però a pericolosi effetti negativi.

Innanzitutto, tasse e imposte non possono aumentare illimitatamente. Come sai, paesi come Italia ma anche Francia sono casi al limite ormai: il livello di tassazione ha raggiunto quasi il massimo di quello che si può socialmente accettare.

Soprattutto, un aumento delle tasse riduce i consumi, visto che i soldi destinati a consumi sono spesi per imposte, ed è quindi una misura di politica fiscale restrittiva. Fortemente restrittiva. Perciò, gli effetti espansivi su crescita e consumi di un aumento della spesa pubblica sono in parte o del tutto annullati dagli effetti restrittivi su crescita e consumi di un aumento del prelievo fiscale.

Oltre che da imposte e tasse, come vedremo dopo T è composto anche da entrate derivanti da beni pubblici o attività di imprese pubbliche (di solito società private con partecipazione pubblica).

Un modo alternativo per finanziare una maggiore G, dunque, potrebbe essere aumentare le entrate T che derivano da beni pubblici o da attività pubbliche. Per esempio si potrebbero vendere beni pubblici che rendono poco a cittadini privati.

Detto questo, è molto difficile finanziare forti variazioni di spesa pubblica G attraverso una più oculata gestione del patrimonio pubblico e delle partecipazioni pubbliche. Infatti, sebbene ciò può certamente aiutare, tali entrate sono di gran lunga meno incisive per il bilancio dello stato rispetto a imposte e tasse.

2) Deficit di bilancio

Questa soluzione crea invece risultati molto espansivi per l’economia di un paese.

Aumentare la spesa pubblica in deficit vuol dire che T rimane invariato, e che i soldi per finanziare la spesa aggiuntiva si trovano emettendo titoli di stato, quindi con il debito pubblico.

Nonostante questo modo di finanziare G crei una forte crescita e permetta ai consumi di esplodere al rialzo, come sai nel lungo periodo un debito troppo grande diventa non sostenile e può portare a gravissime crisi economiche, finanziarie e sociali.

3) Base monetaria, ovvero attuare una politica monetaria espansiva

Gli effetti di una politica monetaria espansiva, ovvero di un QE e/o un taglio dei tassi, sono già in automatico molto espansivi sia per i consumi C sia per gli investimenti I.

Dovresti già averlo ben chiaro in mente se hai letto il mio articolo sulla politica monetaria.

Oltre a creare un aumento dei consumi e del PIL, una politica monetaria espansiva permette di “ridurre” il costo del finanziamento statale tramite deficit, e quindi riduce il costo del debito di nuova emissione.

Infatti, misure monetarie espansive fanno diminuire i tassi d’interesse dei titoli di stato. E dunque fanno ridurre il costo del finanziamento statale tramite debito pubblico di nuova emissione.


Le entrate pubbliche (T): tipologie ed effetti di un suo aumento o taglio

Vediamo ora quali sono le diverse tipologie di entrate pubbliche, con un focus specifico sull’Italia. Possiamo dividere le entrate pubbliche in 5 categorie.

1) Imposte dirette. Sono imposte che colpiscono il reddito in modo immediato e automatico. La più famosa è l’IRPEF, l’imposta sul reddito delle persone fisiche.

2) Imposte indirette. Sono imposte che colpiscono la capacità contributiva soltanto nel momento in cui tale capacità è consumata. La più famosa è l’IVA, l’imposta sul valore aggiunto.

3) Tasse. Sono i tributi pagati dai cittadini a seguito delle prestazioni ricevute da enti pubblici, quindi a seguito di servizi pubblici ricevuti.

4) Contributi sociali. E’ tutto ciò che riguarda i contributi versati per assicurazioni sociali, per malattia, e altro.

5) Entrate derivanti dal patrimonio pubblico o da imprese a partecipazione pubblica. Sono entrate che derivano dallo sfruttamento del patrimonio pubblico e dai profitti (anche se spesso sono perdite) delle aziende pubbliche o private a partecipazione pubblica. Rispetto a tasse e imposte, queste entrate sono di gran lunga più esigue nel bilancio di uno stato.

Ma quali sono gli effetti di un aumento o di un taglio della entrate pubbliche, in particolar modo gli effetti di un aumento o di un taglio di tasse e imposte?

Un taglio delle entrate pubbliche T è una misura di politica fiscale espansiva. Diminuire il prelievo fiscale ha effetti immediati sui consumi e anche sugli investimenti dei cittadini, che aumentano. E dunque, aumentando consumi e investimenti, crescono anche il RNL, il PIL e l’occupazione del paese

Lo puoi vedere chiaramente anche dall’equazione di offerta aggregata e domanda aggregata. Una diminuzione di T porta a un aumento dei consumi C e degli investimenti I, e quindi il RNL Y aumenta. Invece:

Un aumento delle entrate pubbliche T è una misura di politica fiscale restrittiva. Aumentare il prelievo fiscale ha effetti immediati sui consumi e anche sugli investimenti dei cittadini, che diminuiscono. E dunque, calando consumi e investimenti, calano anche il RNL, il PIL e l’occupazione del paese

Una differenza importante, spesso sottovalutata, tra una politica fiscale espansiva dovuta a un aumento della spesa e una sempre espansiva ma dovuta a un taglio delle entrate pubbliche, è che in entrambi i casi i consumi crescono.

Ma è solo con un taglio del prelievo fiscale che crescono anche gli investimenti, mentre un aumento della spesa pubblica ha effetti spesso negativi sugli investimenti privati. Approfondiremo questo discorso in uno dei paragrafi finali dedicato ai limiti della politica fiscale espansiva.


I 4 modi per finanziare un taglio del prelievo fiscale

Se un governo vuole effettuare una politica fiscale espansiva di taglio delle imposte e delle tasse, esso ha a disposizione i seguenti 4 modi per attuarla:

1) Taglio della spesa pubblica. Essendo il bilancio dello stato T – G, si possono coprire delle minore entrate T con una minore spesa pubblica G.

Uno degli storici problemi dell’Italia, ma anche di altri paesi dell’Europa continentale come Francia e Spagna, è che si fa sempre tanta fatica a tagliare una spesa pubblica G che è stata e rimane altissima.

G non si riesce mai a tagliare per tantissimi motivi storici, sociali, culturali e politici.

2) Maggiori entrate dal patrimonio pubblico o da aziende pubbliche. Come abbiamo detto prima, però, migliorare il rendimento del patrimonio pubblico e delle aziende pubbliche innanzitutto non è per niente una cosa facile da attuare, per burocrazia e per problemi strutturali derivati dal passato.

In secondo luogo è difficile che tali entrate abbiano un’intensità abbastanza forte da finanziarie un incisivo taglio delle imposte o un incisivo aumento della spesa pubblica. Detto questo, intendiamoci però: ottimizzare il patrimonio pubblico e la redditività delle aziende pubbliche sarebbe un grandissimo aiuto in più, soprattutto per paesi storicamente inefficienti in tal senso come l’Italia.

3) Deficit di bilancio. E’ lo stesso discorso fatto prima per un aumento della spesa pubblica. In questo caso G rimane uguale, e quindi un taglio delle tasse porta alla creazione di un deficit che sarà finanziato tramite l’emissione di nuovo debito pubblico.

4) Base monetaria, ovvero attuare una politica monetaria espansiva. Ancora una volta, è lo stesso discorso fatto prima. Una politica monetaria espansiva rende meno costoso il ricorso al debito per finanziare misure di politica fiscale espansiva.


Deficit o surplus di bilancio, debito pubblico e rapporto debito/PIL

La formula, già più volte citata, del bilancio annuale dello stato è la seguente:

T – G = Disavanzo o avanzo di bilancio (detto anche deficit o surplus di bilancio)

Dove T sono le entrate pubbliche e G è la spesa pubblica.

Se in un anno d’esercizio G è stato superiore a T, si crea un deficit che va finanziato.

Se invece in un anno d’esercizio G è stato inferiore a T, si crea un surplus che può essere utilizzato in vario modo, in primis per ripagare il debito pregresso.

Chiaramente, il deficit dell’anno corrente si aggiunge al debito pubblico pregresso, e quindi fa crescere il debito pubblico corrente.

Per essere più precisi, il debito pubblico è costituito da:

Debito pubblico = ammontare di titoli di stato emessi in passato + ammontare di titoli di stato emessi nell’anno corrente per pagare un eventuale deficit (solo in caso ci sia il deficit) + ammontare dei titoli emessi nell’anno corrente per pagare gli interessi sul debito pregresso (ma tali interessi possono essere pagati anche in altro modo, per esempio con un avanzo di bilancio)

Nota bene però: il debito pubblico di uno stato in sé non ha molta rilevanza. Il dato rilevante da guardare è il rapporto debito pubblico/PIL.

Ma perché si guarda tale rapporto?

Bé è semplice: il rapporto debito/PIL misura la capacità di uno stato di onorare il proprio debito. Se l’economia di uno stato è forte, e quindi il PIL è alto rispetto al debito, vuol dire che tale stato sarà in grado in futuro di onorare il debito che ha creato e sta creando.

Detto questo, molti studi degli ultimi decenni hanno dimostrato che è impossibile stabilire un livello di debito/PIL tale per cui sia automatica la nascita di una crisi finanziaria o peggio di rischi di default. Dipende dalla struttura economica di ogni singolo paese.


Politiche di rientro del debito/PIL

Livelli molti alti di debito/PIL, come siamo abituati da tempo nello stivale, sono molto pericolosi. Quindi il tema della sostenibilità del debito è un tema importante. Soprattutto oggi e soprattutto per l’Italia.

Per sostenere o far rientrare il rapporto debito/PIL ci sono 3 soluzioni differenti, che possono essere usate anche contemporaneamente.

1) Ridurre il deficit o addirittura creare un pareggio o surplus di bilancio

Per perseguire il pareggio di bilancio in paesi che da anni creano deficit, purtroppo, sono necessari forti tagli della spesa pubblica (spending review) e/o aumenti di tasse e imposte. Insomma, come hai intuito questa è la famosa austerity imposta dall’UE all’Italia e non solo all’Italia.

L’austerity, infatti, altro non è che un insieme di politiche fiscali restrittive volte a tagliare la spesa pubblica ed aumentare le tasse e le imposte.

Il tutto con l’unico scopo di perseguire un pareggio di bilancio (il famoso fiscal compact) capace (in teoria) di far calare in modo decisivo il debito pubblico/PIL nel medio-lungo periodo.

2) Crescita economica sostenuta

Se c’è crescita economica e quindi crescita del PIL, il denominatore del rapporto debito/PIL cresce.

E se la matematica non è un’opinione, se il PIL cresce più del debito, e quindi il denominatore cresce più del numeratore, il rapporto debito/PIL cala.

Come hai ormai capito, però, non è per nulla facile far crescere il PIL evitando allo stesso tempo di creare nuovo deficit e quindi nuovo debito pubblico.

Detto in modo super semplicistico, bisognerebbe trovare un giusto mix di politiche fiscali espansive e restrittive tali per cui l’aumento del PIL sia superiore dell’aumento del debito nel periodo considerato. Cosa che, come immaginerai, è difficilissima da ottenere.

In ogni caso, un PIL in forte crescita è chiaramente una manna per far ridurre il rapporto debito/PIL.

3) Farsi aiutare dalla politica monetaria espansiva

Come abbiamo visto prima, una politica monetaria espansiva riduce i tassi sui titoli di stato e quindi il deficit di bilancio costa meno.

Una politica monetaria espansiva, inoltre, permette anche ai consumi di aumentare e agli investimenti privati di crescere, causando dunque una crescita del PIL e del RNL. La politica monetaria espansiva ha quindi un doppio effetto benefico per far diminuire il rapporto debito/PIL: da un lato fa crescere il PIL, dall’altro rende il deficit di bilancio meno caro da pagare.

L’Italia, nonostante le politiche estremamente espansive di Draghi degli ultimi anni, non è riuscita a far calare il suo debito/PIL e non è riuscita a far crescere il PIL più dello “0 virgola” l’anno. E ciò è un bruttissimo campanello d’allarme.

4) Consolidamento, conversione e default

In casi estremi uno stato può dichiararsi insolvente ed arrivare dunque al default, ovvero essere incapace di ripagare il suo debito. Ci sono stati casi drammatici di default in paesi che un tempo erano anche molto ricchi. L’Argentina è chiaramente l’esempio più celebre. Ma anche la Grecia, come sai, è da anni sull’orlo del default.

Misure meno drammatiche ma comunque molto forti sono quelle di consolidamento e conversione del debito. Conversione vuol dire sostituire titoli di debito pubblico con un certo tasso d’interesse con titoli che hanno un tasso di rendimento minore. Consolidamento vuol dire trasformare titoli con una scadenza a breve termine in titoli con una scadenza a più lungo termine.


Limiti della politica fiscale espansiva

Nei paragrafi precedenti abbiamo visto come una politica fiscale espansiva sia molto positiva per consumi, crescita ed occupazione. Detto questo, dobbiamo ricordare i 2 principali limiti di una politica fiscale espansiva, specie se protratta per troppo tempo.

Il primo limite è, come ampiamente spiegato, la creazione di deficit pubblico e quindi di debito pubblico. Che nel lungo termine può essere un bel problema.

Sia un aumento della spesa pubblica che un taglio delle tasse, infatti, devono essere finanziati in qualche modo, e se si finanziano in deficit alla lunga si può creare un alto debito pubblico che sarà difficile da sostenere.

Il secondo limite è il cosiddetto “effetto spiazzamento” o “crowding out”. Questo fenomeno è molto complesso, e in questa sede non è opportuno andare troppo in dettaglio. Ma è invece molto utile intuire il punto principale del crowding out.

E il punto principale è che una politica di aumento della spesa pubblica G aumenta si i consumi e il PIL, ma d’altro canto diminuisce gli investimenti privati.

Investimenti privati che sono scoraggiati da un’eccessiva ingerenza pubblica. Quindi è vero che, nel complesso, la domanda aggregata aumenta, ma cambia anche la composizione di tale domanda: molti più consumi e un po’ meno investimenti privati.

Tale meccanismo si verifica in modo molto minore se la politica fiscale espansiva è invece incentrata su un taglio delle tasse. In questo caso, i consumi aumentano come da teoria, ma anche gli investimenti privati potrebbero aumentare e non diminuire come nel precedente caso. Dipende.

Ma dipende da cosa?

La verità è che la voce investimenti privati più che da motivi di politica fiscale restrittiva o espansiva è mossa da motivi “strutturali” di un paese: corruzione, burocrazia, facilità di fare business, stabilità economica, stabilità politica, flessibilità del lavoro, etc…

In Italia, per esempio, sarebbero necessarie anche se non soprattutto tali riforme strutturali per stimolare investimenti privati sia locali che dall’estero.


L’UE: il principale decisore della politica fiscale in Italia

Questo articolo è un articolo d’informazione, non di opinione. Dunque questa non è la sede adatta per rendere pubblico il mio pensiero sugli ultimi anni di politica fiscale restrittiva made in UE fatti di vincoli di bilancio, fiscal compact, e austerity.

Mi limito dunque alla storia. E la storia recente ci dice che negli ultimi anni l’UE ha imposto all’Italia e non solo all’Italia una politica fiscale restrittiva per arrivare al pareggio di bilancio e per far diminuire l’enorme debito pubblico pregresso. Anche a discapito della crescita economica.

Intuisci cosa ne penso a riguardo leggendo la seguente frase (ok, non ho resistito!)

 

Austerità: abbandonare il futuro per pagare gli errori del passato


In questo paragrafo voglio farti notare come, nei fatti, nelle scelte fiscali italiane si è aggiunto un nuovo ed importantissimo decisore negli ultimi anni: l’UE.

E’ l’UE che detta il deficit massimo annuale del bilancio italiano. Nella pratica, dunque, è praticamente impossibile attuare delle libere scelte di misure fiscali per il governo italiano, a prescindere da chi ci sia al comando.

Cosa che tra l’altro succede anche per la politica monetaria. Draghi opera per i bisogni monetari dell’eurozona, non di un singolo paese come tutte le altre banche centrali del mondo.

Insomma, è indubbio che l’entrata nell’UE e nell’euro abbia tolto all’Italia un bel po’ di indipendenza fiscale, monetaria ed economica. E tolta tale indipendenza, non è facile creare una strategia economica di crescita e di successo nel medio-lungo periodo.

Vi è poi un altro, enorme tema: chi ha imposto e impone con così tanta forza l’austerity a tanti paesi dell’unione? La risposta la sai già: è la Germania. Sono ormai 10 anni che i tedeschi ci impongono l’austerity.

Ed è ormai la storia a parlare: aver attuato l’austerity in una situazione di crisi globale ha da un lato indebolito tantissimo la nostra economia. E dall’altro non ci ha permesso di cogliere del tutto i benefici della politica espansiva di Draghi.

Queste non sono solo mie opinioni. Anche molti celebri economisti cominciano ad esporsi in questo senso. Il più importante tra essi è il premio Nobel per l’economia nel 2001 Joseph Stiglitz.

Guarda questo breve spezzone di video in cui Stiglitz è ospite da Floris a La7, e poi commentiamolo insieme.

Nota: ti ho ritagliato solo i 2 minuti più importanti di questo video. Ma ti consiglio vivamente di vederlo tutto. E’ un’intervista molto interessante a questo premio Nobel che è stato da sempre contrario non solo all’austerity in Europa, ma anche all’euro.

Se sei interessato al tema ti consiglio anche di leggere il suo libro “L’euro. Come una moneta comune minaccia il futuro dell’Europa”.

I punti più importanti di questo spezzone di video sono:

1) L’UE così com’è non funziona, ormai tutti sono d’accordo su questo. Cittadini privati, politici ed economisti di tutto il mondo sono tutti d’accordo sul fatto che l’UE vada riformata. Tranne i tedeschi, che continuano ad opporsi a forti riforme strutturali delle istituzioni europee.

2) La Germania ci guadagna dall’euro in queste condizione, a discapito di altri paesi come l’Italia. Questo è quello che pensa Stiglitz. E lui pensa pure che viste le recenti forti tensioni sull’UE e sull’euro, che potrebbero mettere a rischio la tenuta dell’eurozona, dovrebbe essere anche nell’interesse della Germania cercare di venire incontro agli altri paesi sulle riforme da fare. Ma finora si è visto come i tedeschi non si smuovano di un millimetro dalle loro posizioni.

3) Il punto più importante: è da anni che la Germania impone l’austerità a paesi dell’eurozona che sono in difficoltà. Ciò secondo Stiglitz è stato ed è terribile: i paesi in difficoltà vanno aiutati con politiche fiscali espansive, non restrittive! L’economista spera che la Germania possa cambiare rotta, altrimenti l’uscita dell’Italia dall’euro insieme ad altri paesi e la creazione di un cluster di paesi europei incentrato sulla crescita potrebbe essere una soluzione. Soluzione certamente estrema.

Attento però, qualche colpa l’abbiamo anche noi:

1) Le colpe dei governi italiani restano comunque, visto che negli ultimi anni le già citate “riforme strutturali” hanno sempre o quasi sempre deluso le aspettative.

2) Mi rendo conto che non è facile contrastare l’egemonia europea della Germania. Ma qualcosa in più si poteva fare.


Conclusioni + gli effetti della politica fiscale sul tuo trading

Come va? Ho cercato di semplificarti concetti che non sono sempre facili da capire. Spero di esserci riuscito.

In questo articolo:

– Hai scoperto che cos’è la politica fiscale espansiva, che cos’è la politica fiscale restrittiva, la spesa pubblica, il debito pubblico, il debito/PIL e l’austerity.

– Hai visto un esempio attuale e concreto: le dinamiche europee di politica fiscale restrittiva negli ultimi anni.

Cosa manca?

Manca il ruolo delle misure fiscali in questo sito: come queste misure fiscali influenzano le tue scelte di trading sui CFD del forex?

La politica fiscale è un elemento importante, complementare alla politica monetaria, per comprendere come evolverà l’economia di un paese. E quindi di riflesso è un elemento molto importante per capire come evolveranno gli indici azionari e la valuta del paese analizzato.

Andando più nello specifico:

Una politica fiscale espansiva porta a un aumento dei consumi, del RNL e del PIL. Di conseguenza, gli indici azionari potrebbero aumentare e potrebbe aumentare anche l’inflazione, quindi la valuta si deprezza

Al contrario, una politica fiscale restrittiva porta a un calo dei consumi, del RNL e del PIL. Di conseguenza, gli indici azionari di riferimento potrebbero calare e potrebbe calare anche l’inflazione, e quindi la valuta si apprezza

Ti lascio con una piccola riflessione sugli effetti simili di una politica fiscale espansiva e di una politica monetaria espansiva, sebbene i percorsi siano diversi.

La politica fiscale espansiva aumenta in modo diretto la domanda aggregata o il RNL. Infatti, misure fiscali espansive quali aumenti della spesa pubblica o diminuzione di imposte portano a un aumento diretto e immediato dei consumi (anche se non degli investimenti, lo abbiamo visto prima).

Invece, un politica monetaria espansiva aumenta in modo indiretto la domanda aggregata o il RNL.

Infatti, misure monetarie espansive quali QE e tagli dei tassi aumentano l’offerta di moneta in circolazione, e come conseguenza indiretta aumentano anche gli investimenti dei privati ed i consumi.

Ricorda che la politica monetaria e quella fiscale sono i 2 principali fattori da analizzare per capire dove sta andando l’economia di una paese. E quindi sono basi essenziali per un’analisi fondamentale ben fatta.

Ti ricordo anche che trovi le analisi fondamentali aggiornate ogni settimana sulle più importanti valute per fare trading nella pagina previsioni Euro Dollaro.

Per oggi è davvero tutto. Ti è piaciuto questo articolo? Lo hai trovato utile? Hai capito cos’è la politica fiscale restrittiva? E hai capito cos’è la politica fiscale espansiva?

Se la risposta a queste domande è si, ti lascio con una richiesta:

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Grazie mille!


Infine, ti ricordo che se hai qualche dubbio o se vuoi dirmi/chiedermi qualcosa puoi commentare l’articolo qui in basso oppure puoi scrivermi in privato a [email protected]. Sarò lieto di rispondere alla tue domande!

Ho un’ultima cosa per te: qui di seguito trovi un box di sintesi riguardo i principali punti chiave di questo articolo. Trovi uno schema del genere in tutti gli articoli di questo sito.

Ti abbraccio e alla prossima!

Giovanni alias Fairmaster


Box di sintesi | Politica Fiscale | Cos’è? Politica Fiscale Espansiva e Restrittiva

– La politica fiscale comprende ogni transazione governativa in tema di entrate pubbliche e spesa pubblica, che influenzi l’ammontare del debito pubblico

– I “4+1” decisori delle misure fiscali sono: governo, parlamento, ministro dell’economia, vari enti pubblici e UE

– I 4 obiettivi sono: crescita RNL e PIL, piena occupazione, stabilità dei prezzi, e sostenibilità del debito e dei conti pubblici

– L’equazione che spiega le misure fiscali è:

Offerta Aggregata = Domanda Aggregata

C + S + T + M = C + I + G + E

– La spesa pubblica si divide in 3 categorie: spese per consumi pubblici, spese per investimenti pubblici e trasferimenti

– Un aumento della spesa pubblica G è una misura di politica fiscale espansiva. Viceversa, un taglio della spesa pubblica G è una misura di politica fiscale restrittiva

– Ci sono 3 modi per finanziare la spesa pubblica: entrate pubbliche, deficit di bilancio e base monetaria

– Le entrate pubbliche si dividono in 5 categorie: imposte indirette, imposte dirette, tasse, contributi sociali e entrate derivanti dal patrimonio pubblico o da imprese a partecipazione pubblica

– Un taglio delle entrate pubbliche T è una misura di politica fiscale espansiva. Viceversa, un aumento delle entrate pubbliche T è una misura di politica fiscale restrittiva

– Ci sono 4 modi per finanziarie un taglio del prelievo fiscale: taglio della spesa pubblica, maggiore entrate dal patrimonio pubblico o da aziende pubbliche, deficit di bilancio e base monetaria

– Debito pubblico = ammontare di titoli di stato emessi in passato + ammontare di titoli di stato emessi nell’anno corrente per pagare un eventuale deficit (solo in caso ci sia il deficit) + ammontare dei titoli emessi nell’anno corrente per pagare gli interessi sul debito pregresso (ma tali interessi possono essere pagati anche in altro modo, per esempio con un avanzo di bilancio)

– Ci sono 4 politiche di rientro del debito/PIL: ridurre il deficit, crescita economica sostenuta, farsi aiutare dalla politica monetaria, e consolidamento/conversione/default del debito

– La politica fiscale espansiva ha 2 limiti: creazione di deficit e debito pubblico, ed effetto crowding out

– Gli investimenti privati su un paese più che dalla politica fiscale restrittiva o espansiva dipendono dai fattori strutturali di un’economia

– L’UE germanocentrica è il principale decisore delle misure fiscali di molti paesi dell’unione, inclusa l’Italia

– Austerità: abbandonare il futuro per pagare gli errori del passato

– Una politica fiscale espansiva porta a un aumento dei consumi, del RNL e del PIL. Di conseguenza, gli indici azionari potrebbero aumentare e potrebbe aumentare anche l’inflazione, quindi la valuta si deprezza

– Al contrario, una politica fiscale restrittiva porta a un calo dei consumi, del RNL e del PIL. Di conseguenza, gli indici azionari di riferimento potrebbero calare e potrebbe calare anche l’inflazione, e quindi la valuta si apprezza


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